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Le AI generative ed il loro impatto sulla generazione del pensiero e sulla creatività umana

Cosa accadrebbe se il problema generato dalle AI non fosse legato solo ad aspetti di privacy, ai bias, agli aspetti etici o alla perdita di lavoro ma fosse rappresentato dall'impatto che tale tecnologia ha o potrebbe avere sul modello attraverso il quale il nostro cervello genera nuove idee?

Le AI generative sono di grande aiuto per chi svolge lavori di concetto. I giornalisti, gli scrittori, gli sceneggiatori, i pubblicitari e, non ultimi, gli artisti si sono certamente trovati, prima o poi nella loro vita, alle prese con quello che è noto come "blocco dello scrittore" o "sindrome della pagina bianca". In questi casi l'AI può essere un utile strumento per lo sblocco delle idee e talvolta anche per la riduzione dei tempi di esecuzione dei task. Tuttavia, le interazioni che abbiamo con il mondo esterno non sono semplici processi di input-elaborazione-output a causa della natura adattiva del cervello. Tale natura, come dimostrato dalla neuroscienza, si manifesta attraverso una plasticità che consente di modificare le interconnessioni esistenti tra i neuroni al fine di definire nuove risposte agli stimoli e nuovi modelli di interpretazione dell'ambiente esterno. Tale capacità di adattamento si accompagna anche a fenomeni di condizionamento che sono utili espedienti per la semplificazione computazionale e la risposta automatica a specifici eventi. Alla base del delle risposte che si generano attraverso un "metodo" operativo c'è anche il condizionamento.

Il metodo è alla base dei percorsi di generazione di nuove idee. Nessun creativo opera senza metodo tanto che l'improvvisazione musicale si basa proprio sull'applicazione di un metodo il cui fine è trasformare il caos in creazione. Ma cosa accade ad un cervello adattivo esposto per un tempo prolungato ad una AI generativa? Siamo certi che, durante l'esposizione non si producano fenomeni di condizionamento che impattano sul modello di generazione dei pensieri alterando la naturale capacità creativa?

Si potrebbe obiettare che nessuna creatura animale o vegetale è isolata dagli stimoli esterni, che l'adattamento è di per se anche condizionamento e che la creatività è sempre figlia dell'ambiente nel quale si manifesta. Tuttavia gli stimoli naturali derivanti dall'interazione con il mondo reale sono sempre generati da un ambiente che è, naturalmente, in continuo mutamento. A sua volta, nessuna organizzazione umana, animale o vegetale è statica essendo esposta, a sua volta, a stimoli esterni.

Chiarisco che l'intelligenza e la creatività non sono parole per le quali sono state prodotte definizioni uniche. Anzi, la gran parte delle definizioni contengono un grave bias derivato dalla interpretazione antropocentrica delle stesse tanto che, come dimostrato da Stefano Mancuso (professore all'Università di Firenze e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale), il primo limite di tutte le definizioni siamo proprio noi. La domanda quindi mi nasce spontanea: se non riusciamo a percepire la vera essenza delle parole che usiamo, come possiamo pensare di governare gli effetti che le AI generative hanno sulla natura descritta da tali parole?

La nostra incapacità a definire in modo universale ed univoco le parole intelligenza e creatività si complica nel momento in cui si tenta almeno di individuare l'intelligenza e la creatività attraverso test che sono intrinsecamente imperfetti perché costruiti per la misura che tali capacità manifestano nell'uomo nel processo di elaborazione di idee diverse e significative.

Il fatto che i test per misurare l'intelligeza e la creatività fossero imperfetti non era un grosso problema finché le IA non sono diventate capaci di superare il 91% degli esseri umani nella variazione del test sugli usi alternativi per la creatività e supera il 99% delle persone nei test Torrance del pensiero creativo. A tal proposito si veda quanto pubblicato da Erik Guzik, professore assistente di management clinico presso l'Università del Montana.

Uno dei problemi che ritengo, quindi, annidarsi nella relazione uomo-AI generativa potrebbe essere rappresentato anche dal processo di condizionamento indotto da una tecnologia le cui risposte sono legate ad una rappresentazione, per così dire, "sintetica" dell'universo prodotta attraverso elaborazioni che non si basano mai sulla libera esposizione dell'AI agli stimoli esterni (dati, immagini, etc.) ma solo a ciò che i ricercatori intendono somministrare per il loro addestramento.

Se la mia ipotesi è corretta, il problema generato da un qualsiasi bias può risultare più semplice da correggere rispetto alla profondità alla quale si manifestano gli effetti prodotti sul nostro modo di pensare e creare.

Fonte articolo: Linkedin Article di Vincenzo Gioia

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Vincenzo Gioia
14/04/2024
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